NEI CASI DI MALFORMAZIONI SUL FETO LA RICHIESTA DI RISARCIMENTO VIENE NEGATA AL SOGGETTO NATO DISABILE PERCHE’ IN ITALIA NON È PREVISTO IL DIRITTO A NASCERE SANO, MENTRE NEI CONFRONTI DEI GENITORI VIENE RICONOSCIUTA A CAUSA DEL DANNO PATITO DAI MEDESIMI
L’ordinanza dell’11 febbraio 2025 n. 3502 offre l’occasione per affrontare ancora una volta il tema del diritto a non nascere sano, che è stato da sempre oggetto di grande rilievo sia per la dottrina sia per la giurisprudenza.
La questione in esame riguardava il caso di due genitori di un figlio disabile che, nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sul figlio, citavano la struttura presso la quale era ricoverata la donna e il sanitario che l’aveva in cura, poiché quest’ultimo non si era accorto di alcune anomalie presenti sul feto, non aveva quindi informato la gestante sulle condizioni del medesimo e dunque alla donna, a causa di quest’omissione, era stata negata la possibilità di interrompere la gravidanza se solo l’avesse voluto.
Per completezza, si precisa che i due genitori avevano a suo tempo proposto e vinto l’azione di risarcimento del danno e che nella causa in esame agivano per il figlio.
Il Tribunale adito riconosceva la responsabilità del professionista che aveva avuto in cura la partoriente, ma rigettava la domanda presentata in nome e per conto del figlio che chiedeva il risarcimento poiché era stato violato dal professionista il suo diritto a “nascere sano”.
La parte soccombente si opponeva al provvedimento e ricorreva in Appello, ma anche in questo grado di giudizio veniva confermata la decisione di prime cure in linea con quanto graniticamente stabilito dalla giurisprudenza, anche se il disabile era costretto a vivere in condizioni estremamente difficili a causa dell’operato del professionista, non può avanzare alcuna pretesa risarcitoria perché in Italia non è previsto il diritto a nascere sano.
Divenuto maggiorenne nelle more del giudizio il disabile si rivolgeva alla Corte di Cassazione poiché – secondo la tesi difensiva – la Corte Territoriale aveva commesso un grosso errore nel rigettare la richiesta del danneggiato poiché:
nel contratto di spedalità tra la gestante e la struttura non poteva essere escluso il bambino;
il nosocomio aveva l’obbligo di fornire la migliore assistenza sanitaria non solo alla madre, ma anche al piccolino che portava in grembo.
Gli ermellini respingevano anche in quella sede la domanda attorea presentata dalla persona disabile, richiamando la sentenza n. 25767 del 2015 della Cassazione riunita in Sezioni Unite), secondo cui:” il nato disabile non può agire per il risarcimento del danno consistente nella sua stessa condizione, giacché l’ordinamento non conosce il diritto a non nascere se non sano, né la vita del nato può integrare un danno conseguenza dell’illecito medico”.
Alla luce della sentenza odierna ancora una volta è stato stabilito da un lato che i genitori hanno diritto al risarcimento derivante dall’errore medico per non aver identificato le malformazioni e quindi per non aver messo la gestante nella condizione di poter decidere se portare o meno avanti la gravidanza qualora le malformazioni potevano essere diagnosticate, mentre nei confronti del nascituro non è riconosciuto un diritto al risarcimento poiché non è riconosciuto a monte il diritto a nascere sano.
Quindi l’errore medico è lo stesso poiché il professionista non ha individuato durante la fase della gestazione alcuni elementi importanti che avrebbero potuto cambiare le sorti della vita tanto nei genitori quanto nel nascituro.
Nel primo caso la giurisprudenza è unanime nel riconoscere il diritto al risarcimento per il danno patito dai genitori, mentre nei confronti del nascituro la situazione è totalmente diversa.