DONNA DI 39 ANNI MORTA ALL’OSPEDALE SAN GERARDO DI MONZA, DOPO AVER AVUTO UNA CRISI EPILETTICA PER UNA REAZIONE AVVERSA CAUSATA DALLA SOMMINISTRAZIONE DELL’ANESTESIA

Ultimamente le testate giornalistiche sono spesso contrassegnate da casi di responsabilità sanitaria che si registrano presso studi medici privati.
Risale ad un mese fa la notizia del decesso di una giovane ventenne a Roma dopo un intervento di natura estetica ma, ahinoi, non è l’unico caso, anzi proprio in questi giorni verrà deciso il giudizio di appello relativo ad un’altra circostanza similare risalente al 2019 che si è registrata a Seregno, in Brianza.

Una giovane donna di soli 39 anni doveva sottoporsi ad un intervento estetico di sollevamento glutei e, dopo la somministrazione dell’anestesia, accusava un malore determinato dalla reazione avversa verosimilmente di natura allergica che sfociava dapprima in una crisi epilettica e poi in un arresto circolatorio. Il cuore della paziente si era fermato per circa 30 minuti.

Preme precisare che il chirurgo estetico stava eseguendo l’intervento singolarmente, senza la presenza di un secondo operatore e doveva trattarsi di una procedura praticabile in day hospital.
Tuttavia, immediatamente dopo l’inoculazione dei farmaci anestetici, la paziente accusava malori e il professionista nell’immediatezza cercava di rianimare la medesima e poco dopo, allertava il 118 affinché venisse predisposto il trasferimento della donna presso l’ospedale San Gerardo di Monza, dove però giungeva in condizioni critiche e decedeva solo dopo tre giorni.

Avviato il giudizio penale, alcune delle accuse mosse al chirurgo sono state:

  • aver gestito erroneamente la fase di emergenza clinica,
  • aver operato singolarmente senza farsi affiancare da almeno un secondo operatore, come previsto dalle linee guida;
  • aver interrotto le manovre rianimatorie per chiamare i soccorsi per di più tardivamente;
  • non aver usato il defibrillatore che, secondo il giudice di primo grado del Tribunale di Monza, avrebbe potuto salvare la vita alla paziente;
  • aver effettuato un massaggio cardiaco inadeguato perché non correlato ad una ossigenazione della paziente che, tra le altre cose, era stata posizionata in modo errato, come dichiarato anche dall’operatrice del 118;

Secondo il giudice del Tribunale di Monza con un intervento di rianimazione adeguato si sarebbe potuto evitare la dipartita della giovane donna e, sulla scorta di tutte le motivazioni di cui sopra, il professionista veniva condannato ad un anno e 4 mesi di reclusione.

Il medico ricorreva avverso la sentenza di condanna in appello e i suoi legali sostenevano che il chirurgo estetico aveva eseguito correttamente la manovra per rianimare la donna e le colpe erano ascrivibili agli operatori del 118 e al personale paramedico.

Nei prossimi giorni la Corte di Appello si pronuncerà sui fatti.
Indipendentemente dalle sorti giudiziarie che colpiranno il professionista, appare sconcertante la leggerezza con la quale alcuni sanitari, pur di conseguire facili incassi, si apprestano a svolgere interventi chirurgici mettendo a serio rischio la sopravvivenza dei pazienti.

 

 

 

 

Dott. Luigi Pinò

 


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