LA DIFFICOLTA’ DELL’’ESAME ECOGRAFICO NON DETERMINA UNA RESPONSABILITA’ PER I SANITARI, CHE SONO SEMPRE TENUTI A DIMOSTRARE DI AVER EFFETTUATO LA PRESTAZIONE CON LA DILEGENZA E LA PRUDENZA DEL CASO

La Corte di Cassazione con l’ordinanza del 21 agosto 2024 n. 22996, si è pronunciata su un caso di responsabilità medica relativa alla circostanza secondo cui i genitori non sono stati informati delle malformazioni del feto e, quando è venuta alla luce la bambina con gravi menomazioni, hanno adito le vie legali per ottenere il ristoro dei danni subiti sia in proprio sia nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sulla minore.

I fatti sono avvenuti prima della entrata in vigore della Legge Gelli Bianco e quindi la materia era disciplinata ancora dalla Legge Balduzzi, in ragione della quale le circostanze andavano analizzate alla luce di una responsabilità contrattuale tanto verso la struttura sanitaria quanto verso i professionisti che hanno effettuato gli esami clinici diagnostici e che però non hanno individuato le problematiche della piccola.

A tal proposito, si rammenta altresì che in relazione all’onere della prova, è evidente che i genitori devono dimostrare il nesso causale, provando, secondo il” criterio della preponderanza dell’evidenza”, la relazione tra il danno lamentato e il comportamento del professionista; dunque è necessario che provino che la condotta del sanitario abbia causato la lesione della quale si richiede il ristoro.
Di converso, il convenuto ha l’obbligo di dimostrare che l’inesatto adempimento non vi sia stato o che sia stato determinato da una causa imprevedibile e inevitabile.

In altre parole, gli attori devono provare la causalità materiale e quindi devono prima allegare la condotta dalla quale è scaturito il fatto lesivo, mentre spetta al debitore dimostrare successivamente di aver usato la diligenza qualificata nello svolgere la prestazione o che l’inadempimento sia stato determinato da una causa imprevedibile ed inevitabile, non imputabile al debitore.

Nel caso di specie, i genitori agivano in proprio e in qualità di esercenti la potestà genitoriale sostenendo la tesi che, nonostante le ecografie effettuate alla ventesima e alla trentunesima settimana, erroneamente non erano state riscontrate le malformazioni del feto.
Oltre alla mancata diagnosi, gli attori lamentavano il fatto che alla donna fosse stato negato il diritto di autodeterminazione perché, se tempestivamente informata, avrebbe potuto scegliere se interrompere o meno la gravidanza. Non solo.

Secondo gli attori dovevano essere risarciti sia i danni patrimoniali sia i danni non patrimoniali legati al fatto illecito che ha determinato gravi e perduranti danni sia per la madre, sia per il padre sia per la bambina.

Per quanto riguarda i danni non patrimoniali venivano richiesti: quello legato alla nascita indesiderata della bambina, quello legato allo shock emotivo poiché non erano pronti ad affrontare questa nuova situazione (bambina affetta da gravi menomazioni), il danno esistenziale legato allo stravolgimento della loro vita abituale e, per ultimo, anche il diritto della nascitura di poter condurre una vita soddisfacente.

Per quanto riguarda i danni patrimoniali chiedevano il risarcimento del danno emergente (costi necessari per assistere una persona non autosufficiente) e del lucro cessante (mancati guadagni per il tempo sottratto all’attività professionale e destinato all’assistenza della piccola).
Tuttavia sia in primo grado sia in appello la pretesa attorea veniva rigettata in quanto veniva esclusa la responsabilità dei sanitari poiché le malformazioni non erano facilmente individuabili e diagnosticabili.

La coppia proponeva ricorso in Cassazione perché la difficoltà nell’effettuare l’esame ecografico non poteva escludere di per sé la responsabilità dei professionisti che, al contrario, avrebbero dovuto eseguire nuovi e più approfonditi controlli per poter giungere alla corretta diagnosi.

Gli ermellini, riconoscendo che la Corte territoriale aveva errato nell’aver escluso la responsabilità dei convenuti sulla circostanza che le malformazioni potessero non essere rilevate con esame di primo livello in una percentuale elevata di casi, accoglievano in parte il ricorso proposto dagli attori.

Secondo la Cassazione, nel caso di specie, i medici non avevano assolto all’onere della prova.

Il medico ecografo avrebbe dovuto dimostrare di aver eseguito la prestazione con diligenza e prudenza e, detta prova liberatoria è esigibile pur in presenza di esami clinici diagnostici di natura difficile e con alta probabilità di errore.

Gli ermellini hanno ribadito che la difficoltà nell’eseguire l’esame ecografico non poteva escludere la responsabilità dei sanitari poiché incombeva sui medesimi l’onere di dimostrare di aver usato la diligenza qualificata nell’effettuare la prestazione.

 

 

 

 

 

Dott. Luigi Pinò

 


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