ANZIANO 82ENNE È MORTO IN UNA RSA A TORINO PER AVER CONTRATTO IL COVID E LA STRUTTURA È STATA CONDANNATA A RISARCIRE I FAMILIARI DELLA VITTIMA CON 500MILA EURO

In primo grado è stata riconosciuta la responsabilità di una Residenza sanitaria assistenziale di Torino, dove un anziano è deceduto a causa della negligenza assistenziale riservatagli dagli operatori che lavoravano all’interno della struttura e quest’ultima è stata condannata a risarcire i familiari della vittima con una somma pari a 500mila euro.
La sentenza del Tribunale di Padova può rappresentare uno spartiacque perché prima della suddetta pronuncia, nessuna richiesta di risarcimento avanzata dai congiunti per una vittima di Covid è stata ancora accolta, mentre ora lo scenario potrebbe cambiare radicalmente.

In particolare, il giudice ha riconosciuto la responsabilità diretta della struttura poiché è stata riscontrata una correlazione stretta tra l’infezione da Covid contratta nella Residenza sanitaria assistenziale e il comportamento negligente ascrivibile agli operatori che lavoravano all’interno della stessa.

Dalla documentazione prodotta in giudizio, emergeva che non erano state attuate tutte le misure previste per cercare di limitare la diffusione del virus, e che addirittura erano state anche sottovalutate le condizioni cliniche del paziente.

Tutte queste motivazioni portavano il giudice a riconoscere il nesso eziologico e quindi la relazione diretta tra l’infezione contratta nella RSA e l’inadeguata assistenza sanitaria fornita.

Nel corso dell’istruttoria emergeva che, il paziente, dopo essere stato trovato positivo al coronavirus, avesse aspettato circa 60 ore, quasi tre giorni, per ricevere la prima visita medica e non fosse stato nemmeno monitorato in modo corretto dal momento che è stato accertato che i parametri vitali non venivano registrati.

Questa errata gestione clinica ha verosimilmente determinato un repentino peggioramento del quadro clinico.

La sentenza del Tribunale è innovativa in quanto è stata dimostrata una relazione diretta tra l’infezione contratta dalla vittima all’interno della struttura e l’inadeguatezza delle prestazioni fornite dagli operatori all’interno della Residenza sanitaria assistenziale tanto per quanto riguarda l’adozione concreta dei protocolli quanto per ciò che attiene la gestione clinica dell’infezione.

Ciò che lascia davvero increduli è constatare come il comportamento degli operatori socio-sanitari possa incidere causalmente sullo stato di salute delle persone ricoverate, e dunque un’assistenza inadeguata in alcuni casi può rappresentare un fattore determinante nel favorire la dipartita del paziente.

A tal proposito, si rammenta che la Cassazione riconoscendo il sempre più crescente problema connesso al propagarsi delle infezioni nosocomiali, lo scorso anno ha pronunciato un’ordinanza, la n. 6386 del 3 marzo 2023, che rappresenta il frutto di un approdo giurisprudenziale con cui sono stati delineati gli oneri probatori incombenti sulla struttura per prevenire e per gestire le infezioni ospedaliere.

 

 

 

 

 

Dott. Luigi Pinò

 


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