IL RISPETTO DELLE LINEE GUIDA NON ESONERA IL MEDICO DA UNA CONDOTTA RESPONSABILE IN QUANTO IL PROFESSIONISTA DEVE SCEGLIERE IL TRATTAMENTO SANITARIO PIU’ PERTINENTE AL CASO DI SPECIE
La Corte di Cassazione con la pronuncia in esame, ordinanza 11 dicembre 2023 n. 34516, ha affermato l’importanza delle linee guida nell’accertare la responsabilità in capo al sanitario, ma ha pure ribadito il diritto per il medico di poter scegliere e adottare la migliore soluzione per il paziente.
Il medico ha tutto il diritto di discostarsi dalle linee guida, dopo aver analizzato il quadro specifico del paziente, se ritiene che non siano adeguate al caso concreto di cui si sta occupando.
Molto importante è l’art. 5 della legge 24/2017 poiché stabilisce che:” nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, gli esercenti le professioni sanitarie debbono attenersi- salvo le specificità del caso concreto- alle raccomandazioni previste nelle linee guida e, in assenza di queste, alle buone pratiche clinico assistenziali”.
L’art. 6 della legge 24/2017, invece, prevede che: “la punibilità del medico che abbia rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida è esclusa, nonostante la sua imperizia, solo a condizione che tali linee risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.
Nel caso di specie, una donna subiva un intervento chirurgico di endometriosi (operazione che può avere conseguenze negative sulla funzionalità delle ovaie) con conseguenze dannose per la paziente (vescica neurologica è un disturbo che va ad incidere sui meccanismi di riempimento e svuotamento della vescica, infatti il sintomo principale è rappresentato dall’incontinenza urinaria).
La donna, dopo essersi sottoposta all’intervento di endometriosi, citava in giudizio le strutture sanitarie (Asl e Casa di cura) ed il medico per ottenere il risarcimento dei danni in seguito ad una malpractice sanitaria.
Il Tribunale accoglieva la richiesta di risarcimento presentata dalla paziente e condannava l’Asl, in solido col medico, al pagamento della somma di denaro.
L’Asl si opponeva alla sentenza di primo grado e ricorreva in appello.
La Corte Territoriale ribaltava il giudizio di primo grado e respingeva la domanda di risarcimento presentata dall’attrice.
Quest’ultima proponeva ricorso in cassazione e l’Asl veniva condannata al risarcimento in favore della paziente poiché la struttura sanitaria risponde dell’operato dell’esercente la professione sanitaria.
Nel caso di specie, il chirurgo aveva preferito ricorrere alla tecnica tradizionale, anche se quest’ultima generava frequentemente una complicanza specifica (vescica neurologica), rispetto a quella innovativa, che era conosciuta dalla letteratura medico scientifica e determinava meno complicazioni.
Il nocciolo della questione era rappresentato dalla complicanza insorta nella donna subito dopo l’intervento e dalla tecnica scelta dal chirurgo per effettuare l’intervento.
Il chirurgo aveva scelto di seguire la strada tradizionale e rispettare le linee guida, ma il rispetto delle legis artis non fa venir meno o esclude la responsabilità del sanitario nella cura del paziente.
In materia di responsabilità medica, il fatto che il medico rispetti le linee guida non ne esclude automaticamente la colpa perché il sanitario, dopo aver valutato le condizioni del paziente, può scegliere di seguire un percorso terapeutico diverso da quello previsto dalle linee guida.
In altre parole, bisogna dire che i medici devono offrire al paziente le prestazioni mediche più appropriate e l’eventuale osservanza delle linee guida non è sufficiente a far venire meno l’autonomia e la responsabilità del medico nella cura del paziente.
Le linee guida possono fornire ai sanitari solo indicazioni di massima e i medici, in ogni caso, sono tenuti a valutare l’idoneità delle condotte indicate in relazione al caso concreto.