Morte della piccola Nicole: arriva la condanna definitiva
Un episodio di malpractice medica si è registrato a Catania nel 2015, dove una bambina accusava, subito dopo la nascita, difficoltà respiratorie.
La casa di cura – Gibiino di Catania – in cui la madre era ricoverata non riusciva a fronteggiare la situazione d’emergenza poiché non disponeva dell’Unità di Terapia Intensiva Neonatale, così veniva fatta richiesta alle altre strutture limitrofe; ma, purtroppo, anche in queste altre non vi erano posti disponibili.
Fortunatamente alla fine veniva individuato un centro idoneo a Ragusa e veniva predisposto il trasporto tramite ambulanza.
Tuttavia, le condizioni della nascitura peggioravano- durante il tragitto – e si registrava il decesso della bambina.
Veniva avviata un’indagine per capire quanto accaduto alla piccola creatura e venivano indagate varie figure professionali tra cui una ginecologa, un anestesista, un neonatologo e un’ostetrica con accuse che andavano dalla falsificazione della cartella clinica all’omicidio colposo poiché erano state individuate condotte e omissioni così gravi da provocare il decesso della neonata.
Il neonatologo e l’anestesista, ad esempio, avrebbero effettuato manovre rianimatorie errate tanto da aggravare la sofferenza respiratoria della piccolina e condurla alla morte; la ginecologa, a sua volta, era responsabile per non aver effettuato un monitoraggio adeguato nella fase di travaglio e per aver sottovalutato la situazione (sofferenza fetale della bambina) tanto da non ritenere necessario e opportuno ricorrere ad un parto cesareo.
Un ulteriore capo d’accusa sorgeva in capo alla ginecologa ossia quello di lesioni colpose nei confronti della gestante poiché non aveva rimosso una garza – durante la fase di sutura del parto- che aveva generato un’infezione nell’organismo della mamma, debellata solamente con la rimozione del corpo estraneo.
L’ostetrica, infine, avrebbe falsificato la cartella clinica poiché aveva riportato un valore inesatto del battito cardiaco rispetto a quello veritiero.
Alcune irregolarità venivano riscontrate nella documentazione medica poiché era inattendibile e carente nella parte relativa al decorso del travaglio, alle condizioni della bambina subito dopo la nascita e alle manovre rianimatorie effettivamente praticate.
L’indagine si concludeva con la condanna della ginecologa a due anni per omicidio colposo e lesioni personali procurate alla gestante.
Questo caso purtroppo dimostra quanto importante sia per la struttura in generale avere un reparto di terapia intensiva neonatale, ma forse l’aspetto più rilevante da sottolineare è che bisogna investire nella sanità per rendere più efficiente il sistema sanitario ed evitare queste possibili tragedie.
A parere dello scrivente, in ogni caso, oltre agli investimenti in ambito sanitario, occorre da parte dei professionisti non sottovalutare le situazioni perché i medici rivestono un ruolo importante e rappresentano la possibile speranza di guarigione per i pazienti.