RESPONSABILITA’ PER IL MEDICO CHE NON SVOLGE ULTERIORI CONTROLLI IN MODO DA ARRIVARE AD UNA DIAGNOSI CERTA DELLA PATOLOGIA DELLA PAZIENTE

La Corte di Cassazione con la pronuncia in esame, sentenza n. 44549/2022, ha accolto il ricorso presentato dai familiari della paziente, in seguito al decesso della medesima avvenuto presso il Pronto Soccorso degli ospedali Riuniti di Reggio Calabria.

Nel caso di specie, la donna si era recata al Pronto Soccorso a causa di forti dolori addominali e vomito.
La paziente veniva visitata dal medico del reparto di urgenza, e, nonostante i plurimi campanelli di allarme, le veniva diagnosticata erroneamente una colica addominale invece che un’occlusione intestinale.

Il professionista, dunque, non solo non aveva compreso le reali condizioni cliniche in cui versava la signora, ma la rassicurava, dandole informazioni sbagliate dal momento che la diagnosi effettuata era errata.
La paziente in virtù delle informazioni ricevute, decideva di rifiutare il ricovero in osservazione breve intensiva (OBI).

Tuttavia, le condizioni della paziente non miglioravano e, il giorno seguente, i medici erano costretti a ricorrere ad un intervento chirurgico, dal quale era scaturito una complicanza che aveva reso più difficile l’operazione stessa e ne conseguiva il decesso.
I familiari della vittima agivano in giudizio e si erano rivolti al Tribunale di Reggio Calabria in modo da accertare profili di responsabilità per il medico del pronto soccorso.

Il Tribunale adito disponeva la consulenza tecnica d’ufficio dalla quale non emergeva un comportamento colposo da parte del sanitario poiché i CCTTUU distinguevano due momenti: quello del primissimo accesso, in relazione al quale, secondo i periti, il sanitario aveva posto in essere la corretta diagnosi e quello successivo alle dimissioni caratterizzate da un progressivo peggioramento clinico tale da richiedere un intervento chirurgico immediato.

La Corte di Appello confermava la sentenza di prime cure e quindi il medico del pronto soccorso non era responsabile poiché la dipartita della donna era giunta dopo l’intervento chirurgico a causa di una complicanza insorta nel corso dello stesso e comunque il giorno successivo alla diagnosi effettuata.

La Corte Territoriale affermava pure che i parametri vitali della paziente non potevano far pensare ad una patologia occlusiva e quindi il mancato ricovero non aveva ritardato l’operazione chirurgica perché ancora le condizioni cliniche non erano così compromesse.
In virtù di tale ragione, mancava il nesso di causa tra la dipartita della de cuius e la condotta del sanitario e quindi il medesimo non poteva essere ritenuto responsabile.

Gli attori proponevano ricorso in Cassazione. Gli ermellini hanno annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello.

La Corte di Cassazione ha ribadito che la mancanza di ulteriori controlli per fugare ogni dubbio sulla patologia che affligge il paziente è considerata dalla giurisprudenza come condizione rilevante per fondare la colpa professionale medica e quindi, nel caso di specie, il medico del pronto soccorso era responsabile poiché aveva omesso di effettuare ulteriori esami idonei a formulare la corretta diagnosi.

 

 

Dott. Luigi Pinò


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