DECORRENZA DEL TERMINE DELLA PRESCRIZIONE NEI CASI DI DANNI DERIVANTI DALL’ASSUNZIONE DA PARTE DELLA GESTANTE DEL FARMACO TALIDOMIDE CON EFFETTI TERATOGENI
Una sentenza che appare alquanto innovativa è quella pronunciata il 24 gennaio 2024 dalla Corte di Cassazione avente nr. 2375.
La questione tratta i casi di risarcimento dei danni subiti dai nascituri nella fase di vita prenatale in seguito all’assunzione di farmaci da parte della gestante con effetti teratogeni, cioè idonei a produrre malformazioni sul feto.
Il punto nodale riguarda in particolare il cosiddetto “exordium praescriptionis” (cioè il momento a partire dal quale decorre il termine di prescrizione per agire in giudizio ed ottenere il risarcimento del danno).
È stato ribadito nell’ordinanza in esame che il caso di danni conseguenti alla somministrazione di farmaci contenente Talidomide deve godere dello stesso trattamento riservato ai danni da emotrasfusione da sangue infetto.
Dunque, la Corte di Cassazione ha equiparato le due diverse ipotesi di danno soprattutto per quanto concerne l’exordium praescriptionis.
Ne deriva che, in dette ipotesi, il termine di prescrizione si fa decorrere dal momento in cui la malattia- conseguente all’assunzione di farmaci nella fase prenatale avente effetti invalidanti sui nascituri- viene percepita o può essere percepita quale danno ingiusto tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche.
Alla base della pronuncia in esame, vi era stata una richiesta di risarcimento dei danni da parte di un soggetto nato focomelico a causa del farmaco assunto, durante la gravidanza, dalla madre.
In un primo momento, il Tribunale aveva considerato fondata la pretesa risarcitoria liquidando 320mila euro a favore dell’attore.
Successivamente, il Ministero della Salute proponeva gravame eccependo l’intervenuta prescrizione del diritto dell’attore e la Corte di Appello di Torino, erroneamente, condivideva la tesi del Ministero della Salute, ritenendo che il dies a quo del termine di prescrizione dovesse decorrere dal raggiungimento della maggiore età del focomelico.
Inoltre, la Corte di Appello ribaltava la sentenza di I grado ritenendo “inverosimile o estremamente improbabile che nessun pediatra o medico di base avesse indicato ai familiari- nonché in seguito al medesimo paziente divenuto maggiorenne- la possibile causa della sua peculiare infermità”.
Incardinato il giudizio in Cassazione, il soggetto focomelico osservava che la Corte di Appello aveva erroneamente posto alla base della sentenza di II grado delle mere ipotesi congetturali prive di qualsiasi riscontro fattuale.
Il soggetto focomelico aveva altresì fondato il proprio ricorso in Cassazione eccependo che la controparte non aveva provato giudizialmente il momento esatto dell’esordio della prescrizione.
La Corte di Cassazione con la pronuncia del 24 gennaio 2024 n. 2375 ha riconosciuto legittimo il risarcimento in capo al soggetto leso e ha ribadito che non è possibile trarre da una presunzione un’altra presunzione.
A tal proposito osserva che:” occorre che il fatto noto dal quale risalire a quello ignoto sia circostanza obiettivamente certa e non mera ipotesi…. pena la violazione del divieto del ricorso al praesumptiones de praesumpto”.
Inoltre la Cassazione nella pronuncia in esame ha pure stabilito che per i danni subiti dal feto durante la fase gestazionale in seguito all’assunzione di farmaci da parte della partoriente: ” Il termine di prescrizione del credito risarcitorio relativo ai danni, subiti nella fase di vita prenatale a causa dell’assunzione di farmaci ad effetti teratogeni da parte della gestante, decorre, di regola, dalla presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo, di cui all’art. 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, salvo prova, di cui è onerato il convenuto, da fornirsi anche in via presuntiva, che la consapevolezza, in capo al danneggiato, del nesso causale tra l’assunzione del farmaco e la propria condizione di disabilità e/o menomazione non sia maturata in epoca anteriore”.
Dott. Luigi Pinò