DANNO DA RIMOZIONE DI UN NEO SUL VOLTO
Il Tribunale di Rieti è stato chiamato a pronunciarsi su un caso di responsabilità medica in seguito ad alcuni postumi dopo l’esecuzione di un intervento di chirurgia estetica.
È opportuno ricordare il principio che vige in presenza di interventi di chirurgia estetica ossia bisogna tenere conto della differenza tra il risultato effettivamente raggiunto e l’aspettativa del paziente, se l’intervento fosse andato bene.
Nel caso di specie, una giovane donna, minorenne all’epoca dei fatti, presentava domanda di risarcimento per il danno patito in seguito ad un intervento di chirurgia estetica non andato a buon fine.
A distanza di qualche mese, la ragazza lamentava alcune complicazioni, come la formazione di un cheloide rosso (cicatrice anomala rossa che può provocare dolore e nasce vicino ad una ferita), che la costringevano a sottoporsi ad una seconda operazione per porre fine alle problematiche insorte.
In particolare la domanda di risarcimento per i danni subiti comprendeva pure quella per il danno morale, per il mancato consenso informato al trattamento sanitario proposto e per la lesione del diritto di autodeterminazione.
Il Tribunale di Rieti accoglieva la domanda attorea, ma non in tutte le sue parti cercando di motivare la propria scelta.
Il Tribunale si rifaceva alle sentenze precedenti per ricordare che il risarcimento del danno morale è già previsto nella tipologia di danno non patrimoniale e quindi non può essere concesso una seconda volta altrimenti si configurerebbe un duplice ristoro.
Il giudice di prime cure, in via eccezionale, non riscontrava la violazione del consenso informato in quanto i genitori lo avevano concesso in forma verbale, al posto della figlia minorenne all’epoca dei fatti, come ampiamente dimostrato dal dottore che vantava un rapporto amicale con i genitori della minorenne.
Il Tribunale, inoltre, sosteneva che la richiesta di risarcimento per la lesione del diritto di autodeterminazione non poteva essere accolta in quanto solo l’omessa informazione non dava diritto al ristoro poiché il paziente era tenuto a dimostrare che, se correttamente informato, non si sarebbe sottoposto all’intervento.
Il Tribunale aveva accolto la domanda di risarcimento per quanto riguarda la lesione del danno alla salute e, in particolare, quella relativa alla sofferenza interiore e alle conseguenze negative legate all’intervento chirurgico poiché l’attrice aveva prodotto un certificato dello specialista, che attestava una sindrome ansioso-depressiva con deflessione del tono dell’umore.
Dott. Luigi Pinò