Responsabilità del Medico in Caso di Errore in una Trasfusione
La Corte di Cassazione con la pronuncia in esame, sentenza 8 febbraio 2022 n. 4323, si occupa del tema della responsabilità del medico in caso di errore nella trasfusione di sangue commesso da parte dell’infermiere, poiché in tali situazioni la procedura ministeriale prevede il doppio controllo (medico e infermiere).
In sintesi, se il dottore lascia da solo l’operatore e quest’ultimo erroneamente inietta la sacca di sangue errata, viene considerato responsabile solidale anche il medico.
Due operatori sanitari (medico e infermiere) della Rianimazione dell’ospedale di Grosseto erano stati rinviati a giudizio per aver cagionato la morte di un paziente non avendo seguito le direttive interne dell’ospedale di Grosseto per quanto riguarda le trasfusioni.
La procedura interna prevedeva non solo la verifica tra il nominativo della sacca e quello del paziente con il relativo gruppo sanguigno; ma anche che la trasfusione venisse effettuata in presenza del medico per evitare errori materiali durante l’operazione.
Nel caso di specie, si è verificata proprio questa situazione: il dottore aveva lasciato da sola l’operatrice che aveva preso la sacca errata per la trasfusione.
Il Tribunale di Grosseto considerava responsabili il medico e l’infermiera poiché il peggioramento delle condizioni cliniche del paziente era stato determinato dall’errata trasfusione di una sacca di sangue incompatibile col gruppo sanguigno del medesimo.
I due professionisti proponevano appello contro la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale, ma anche in questo grado di giudizio venivano ritenuti responsabili – secondo i giudicanti – poiché era stato dimostrato il nesso causale tra la condotta degli imputati e il decesso del paziente.
I ricorrenti proponevano ricorso per Cassazione.
In particolare, secondo il medico due erano i motivi fondamentali alla base del ricorso: le condizioni di salute compromesse del paziente- emerse dalla Tac effettuata alcuni giorni prima (limitata funzionalità di uno dei due polmoni) – e il rispetto della procedura del doppio controllo nel caso della trasfusione di sangue.
Secondo l’infermiera, invece, due erano i motivi principali per ricorrere in Cassazione: il mancato accertamento dei consulenti del magistrato delle poche probabilità di sopravvivenza del paziente e il non aver favorito la prematura morte del medesimo poiché il destino era segnato dalle condizioni di salute abbastanza compromesse.
Gli ermellini respingevano entrambi i ricorsi poiché secondo loro la morte del paziente era stata determinata dalla trasfusione errata del sangue di un gruppo incompatibile e il mancato rispetto in toto della procedura interna all’ospedale del doppio controllo poiché la presenza del medico al momento della trasfusione era volta ad evitare errori da un punto di vista umano.
Nel caso di specie, il medico aveva lasciato l’infermiera da sola al momento dell’operazione da effettuare e quindi doveva essere considerato anch’esso responsabile per quanto accaduto, ossia la morte del paziente per una trasfusione di sacca con sangue incompatibile col gruppo del medesimo.